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Don Bosco poeta La preghiera alla lampada del Santissimo Sacramento

Preghiera di San Giovanni Bosco alla Lampada del Santissimo Sacramento

Tu, di cui le mie cure costanti alimentano la fiamma, lampada mia, oh!

Come la tua sorte è felice!

Come essa eccita invidia ed amore nell’anima mia!

Come essa fa nascere nel mio cuore dolci e caste fiamme!

Sempre vicina agli altari la tua tremola luce sul marmo sacro riflette i suoi raggi

e sempre, sia che svegli o si addormenti la terra,

tu rallegri il luogo santo con tuoi sentimentali riflessi.

Quando la notte stende sul mondo il suo tetro velo,

quando della terreste valle cessano i vani rumori,

la tua fiamma veglia sola e risplende nell’ombra come una stella nel più fitto della notte.

E quando di un nuovo giorno brilla l’alba nascente,

quando l’aurora apparisce colle sue nuvole d’oro il tuo fuoco sì dolce,

stupenda immagine dell’amor vigilante, scintilla ancora.

Accanto al Dio nascosto si consuma la tua vita,

egli è presso a te che piace parlargli al cuore;

sembra che la tua vista inspiri all’anima che lo prega, più amore, più fede, più ardore.

Sembra che i nostri voti, o compagna degli angeli,

sospirano presso di te si alzino meglio preso di Lui,

e che il Cielo sorrida quando le nostre umili preghiere mescolano i loro dolci profumi a tuoi pacifici raggi.

Allo spirar de’ grandi giorni

quando verso la volta santa l’incensiere non manda più le sue nubi misteriose,

quando è spenta la fiamma de’ sacri candelieri, quando il tempio è silenzioso;

tu accanto al sacro altare indorato dal tuo dolce riflesso,

tu vedi il giorno e la notte trapassar a lor volta,

e sola tu non hai né tramonto, né aurora per bruciare e parlare d’amore.

E perciò il mio occhio geloso ben sovente ti contempla, o lampada mia;

io vorrei la tua felicità, dimorare con te fra le mura del tempio e consumarmi d’amore ai piedi del Salvatore.

Io vorrei quando in cielo trema la bianca stella,

quando il mondo si addormenta affranto dà piaceri, sollevando il lungo velo de’ sacri misteri,

solo ai piedi degli altari, amare, gemere e pregare.

Ma perché con un vano sogno lusingo così l’anima mia?

Perché riempio il mio cuore di un ingannevole desiderio?

Tu almeno, o dolce e pura fiamma, che io invidio, parla al mio Dio, parla per me!

Digli che il suo amore è la mia gioia e la mia vita, il suo altare il mio rifugio,

il suo santo nome la mia speranza, e la mia felicità è il banchetto

dove la sua voce mi invita a venirmi così sovente ad assidere.

Digli che nell’esilio la mia povera anima sospira, e che niente di terreno può deliziarla.

O lampada mia, digli che il mio cuore non respira che per piacergli e per amarlo.

(Da Il Galantuomo e le sue avventure. Almanacco
nazionale per l’anno 1865. Strenna offerta ai
cattolici italiani. Anno XII – Opere Edite XV,5 )

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