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Analisi Rischi combinata per proteggere le vite umane e non solo

Analisi Rischi combinata per proteggere le vite umane e non solo

Analisi Rischi

L’Analisi Rischi,  in inglese Risk Analysis, è uno strumento fondamentale per potere gestire la sicurezza di qualsiasi tipo in qualsiasi dominio di cose, oggetti, persone e da qualsiasi tipo di minaccia.

Analisi rischi ancestrale

In realtà è qualcosa di più ancestrale, istintivo legato all’istinto della nostra sopravvivenza.

Facciamo sempre Analisi Rischi, dal momento in cui ci alziamo dal letto fino a quando ci torniamo, anzi come insegna la realtà di questi giorni nemmeno ci torniamo a letto se viviamo in una zona sismica in cui la minaccia di una scossa sismica che distrugga la nostra casa può essere assai concreta.

Quando per ragioni di lavoro, nel 2004 nel dominio di un sistema della sicurezza delle informazioni legato a servizi IT ho dovuto fare un po’ di analisi rischi informatici e non strettamente informatici ma annessi ad essi, ho imparato ad applicare e a far applicare in modo più scientifico i metodi di Risk Analysis.

Un periodo molto bello e fecondo della mia vita in cui ebbi la possibilità di partecipare a diversi corsi di formazione e convegni anche a Roma sulla sicurezza nel mondo della banche o delle infrastrutture critiche presso il ministero delle comunicazioni quando era ministro Maurizio Gasparri.

Diagramma di Pareto

Uno degli strumenti più semplici per fare analisi rischi è il diagramma di Pareto, un semplice diagramma cartesiano che mette sui due assi la probabilità ( o la classe di probabilità) che accada un evento potenzialmente dannoso e dall’altra il danno ( o la classe di danno) in modo che si formano alla fine delle caselle in base alle quali, se l’analisi è condotta in modo esatto e rigoroso, si devono prendere le decisioni su come annullare, attenuare o accettare (senza fare nulla) la minaccia considerata.

In genere si interviene sicuramente sui rischi che hanno maggiore probabilità di diventare eventi negativi e diventandolo producono il maggior danno, mentre si tende a trascurare quelli che hanno minore probabilità di concretizzarsi in eventi dannosi e che se anche si concretizzassero il danno sarebbe minimo.

Più difficile trattare quelli che sono ad alta probabilità di accadimento e basso impatto oppure a bassa probabilità ed alto impatto, come nell’analisi rischi, ormai passata alla storia, delle condizioni di sicurezza analizzate prima dell’attentato che ha portato la morte dei soldati a Nassiriya secondo quanto riferì in un a memorabile intervista ,’allora ministro degli esteri Antonio Martino (clicca QUI per leggerla).

Rischi Combinati

Le cose diventano più complesse quando i rischi interferiscono tra di loro, generando rischi nuovi e aumentando i rischi già valutati in analisi rischi separate.

E ancora più complesse le cose, almeno in Italia, quando si parla di stato e di organismi regionali, provinciali, comunali di vario tipo e genere, la domanda di sempre è: Chi fa Cosa?

Per meglio dire ‘Chi fa e cosa fa?’, la domanda tipica del mondo della qualità dei processi che richiede come requisito fondamentale la chiarezza dei ruoli.

E tanti sono gli esempi del dramma di questa domanda non posta in uno stato come il nostro dove chi ha fallito il proprio tentativo di cambiare le cose (senza entrare nel merito del giusto o sbagliato che fossero state le leggi bocciate) per volontà popolare  e ha promesso di abbandonare la politica in caso di sconfitta, che si è concretizzata, continua ad occupare posizioni governative assai importanti e delicate nel seguire  a livello governativo gli interventi di protezione civile.

Casi pratici

Di casi pratici ce ne sono quanti se ne vogliono, per esempio il recente caso del cavalcavia di Lecco dove un Tir è precipitato sulle macchine sotto la strada statale e dove gli allarmi dati prontamente si sono impantanati nell’osservanza rigorosa delle procedure prescritte.

Un caso di attualità, e che ci fa stare in trepidazione per via anche di un nostro giovane concittadino ternano disperso che lavorava proprio nell’albergo,  è quello della valanghe infatti:

Analisi Rischi
La prima pagina del bollettino governativo che avvisa il 18.01.2017 del rischio forte per le valanghe in Abruzzo

Nel bollettino emesso alle 14 del 18/01/2017, il giorno delle forti scosse in provincia dell’Aquila la prima avvenuta nel mattino alle ore 10.25, non si tiene minimamente conto delle stesse e si dice solo nella sezione AVVERTENZE:

“In considerazioni delle avverse condizioni meteorologiche e dei rilevanti cumuli di neve fresca, sono assolutamente da evitare le attività escursionistiche al di fuori delle piste battute e segnalate.

Il bollettino e’ realizzato su scala sinottica-regionale (standard EAWS), la sua consultazione non puo’ escludere in alcun modo la necessita’ di una seria e capace valutazione locale del pericolo (singolo pendio) che puo’ essere anche sensibilmente diverso. “

Valanghe e Sisma

Come si evince dal comunicato, il rischio considerato era solo quello di evitare che degli sciatori incauti, utilizzassero i fuori pista per il loro divertimento, senza pensare ad altro.

L’evento di #rigopiano se come probabile l’origine della valanga è da correlarsi anche all’insolito evento sismico insegnerebbe invece che va fatta una correlazione tra il rischio valanghe e il rischio sismico, specie in un periodo di sciame sismico continuo, come quello che stiamo attraversando.

Siamo in grado nell’attuale organizzazione civile a far si che ci sia qualcuno in grado di fare queste analisi rischi e di dare in poche ore l’ordine di evacuazione in tempi brevi dalle aree più pericolose di ad un area vasta quanto una regione e più ancora?

Finché questa domanda sarà considerata retorica o peggio ancora utopica,  episodi come quello di Rigopiano si potranno di nuovo ripetere.

Finiti i soccorsi, spente le polemiche, alle volte sterili, si cominci ad agire … già ma chi incomincerà ad agire in questo campo così poco conosciuto dell’Analisi Rischi?

Vesuvio

Solo un cenno per dire che tanta gente in Italia, forse troppa, vive nell’area del Vesuvio, in quello che è, nonostante le apparenze, un vulcano attivo anche se non si comporta come l’Etna o lo Stromboli e dove dovrebbero esistere ed essere collaudati i piani di evacuazione della vasta zona …

Come non ricordare la figura di don Giuseppe Mercalli, che è stato direttore dell’osservatorio vesuviano?

Un sacerdote divenuto celebre per avere ideato la famosa scala Mercalli, che misura l’intensità dei terremoti a partire dagli effetti che questi crea sulle cose e sulle persone.

Claudio Pace 19 Gennaio 2017 su Analisi Rischi