Armonizzare l'atmosfera

Infinito di Leopardi L’ermeneutica della voce del vento che stormisce tra le piante

Infinito di Leopardi L’ermeneutica della voce del vento che stormisce tra le piante

Infinito di Leopardi

Infinità o immensità

Questa mattina lo ‘stormire del vento’ mi ha svegliato un po’ più presto del solito,

e mi ha riportato alla mente la poesia dell’Infinito di Leopardi che dovrebbe avere duecento anni

e invece sembra scritta proprio ieri per quanto è profondamente semplice ed attuale.

Il pensiero mi è corso alla visita che facemmo la family Pace a Casa Leopardi a Recanati diversi anni fa

quando i figli erano ancora piccoli, scoprendo la figura del babbo di Leopardi, un uomo di grande cultura,

così diversa da quella di padre tiranno, catto-reazionario che il mito risorgimentale ha creato di lui per giustificare quella

immagine distorta del Leopardi malato e sfigato che sfogava le sue frustrazioni scrivendo belle poesie.

Ma anche a quella settimana di estate trascorsa a Visso, il paese così provato dal recente terremoto,

diventato per caso l’erede di alcuni manoscritti di Leopardi, tra i quali la poesia dell’Infinito

con una piccola ma fondamentale correzione, forse provvisoria, ‘Infinità’ al posto di ‘Immensità’.

Provate a leggerla con questo termine ‘infinità’, una eco dell’infinito silenzio che porta Giacomo e ciascun lettore

ad avere la possibilità di cogliere il vivere nell’immensità o nell’infinità,

che non è affatto silente ma ha la ‘voce del vento’.

Solo facendo un silenzio totale, infinito, un vuoto totale nella propria mente, nel proprio cuore,

come faceva Santa Teresa d’Avila quando praticava la sua orazione mentale.

si riesce a vincere quella paura, quell’angoscia,

tanto simile a quella che si proverà prima di morire per raggiungere la propria trascendenza

o che sentiamo quando le persone che amiamo e che abbiamo amato non sono più in mezzo a noi.

Il Testo con la correzione vissana

Infinito

«Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quïete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Infinità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.»

E se non vi sentite di leggerla e rileggerla in silenzio può essere utile

usare questa musica di Roberto Lupi “Armonie del pianeta Saturno”

che la Rai di una volta usava per chiudere le sue trasmissioni.

Lo stormire del vento

Piaccia o meno, ma lo stormire del vento porta dritto dritto nel cuore del Vangelo

che Leopardi certamente conosceva bene essendo vissuto in una famiglia ‘cattolica’,

a quel colloquio tra il Rabbi Nicodemo e il Rabbi misterioso che viene dalla Galilea

e che compie segni che nessun altro Rabbi che non sia il Messia atteso da Israele poteva compiere:

“Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”(Gv 3,8).

E il naufragar mi è dolce in questo mare

Sarà un caso ma sempre nello stesso Vangelo di Giovanni qualche pagina dopo il colloquio sul vento

si leggono queste parole (Gv 6,15-20) cosi intrise di solitudine, angoscia, paura, ma …

[15] Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.
[16] Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare
[17] e, saliti in una barca, si avviarono verso l’altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro.
[18] Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
[19] Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura.
[20] Ma egli disse loro: “Io Sono, non temete”.

Forse è proprio il presentimento della manifestazione dell’Io_Sono nel mare agitato dal forte vento, che rende piacevole il naufragio!

Claudio Pace 21 3 2019

Pantelleria island Come vivere sette giorni felici senza rimpiangere nulla

Pantelleria Island Come vivere sette giorni felici senza rimpiangere nulla

Pantelleria

Ho avuto il privilegio questa estate,

di passare una settimana (troppo poco direte voi ma intanto prendiamoci questa settimana)

a Pantelleria, che nonostante le mie radici siciliane, non avevo mai visitato,

perdendomi davvero tanto, ma come si dice:’meglio tardi che mai’.

Per la verità l’intenzione l’avevo avuta,

con un mio carissimo amico nel lontano 1981 avevamo preso un volo per Pantelleria,

che allora costava solo 18.000 Lire, un prezzo alla portata di noi giovani studenti universitari,

peccato che il forte vento impedì l’atterraggio e di quel viaggio non se ne fece più nulla.

Oggi con internet puoi avere tutte le informazioni che vuoi,

dai prezzi più bassi per raggiungerla in aereo o in nave anche in alta stagione,

alle bellezze naturali, ai ristoranti con il miglior cibo locale.

In rete c’è di tutto, filmati e immagini in quantità industriale, ma

vivere l’isola di Pantelleria è tutta una cosa diversa anche solo per una settimana.

Dalle immagini alla realtà

Certo chi ha la passione della vela o quella delle immersioni in mare aperto,

trova davvero un posto ideale, e d’altra parte fatta eccezione per il lago di Venere,

che si trova vicino all’aeroporto di Pantelleria,

non c’è traccia di spiaggia con sabbia nemmeno a pagarla a peso d’oro,

ma la bellezza dei posti, la possibilità di vedere ogni sera dal porto principale

un tramonto diverso, o di ammirare un arcobaleno da mare a mare,

e in lontananza sul mare osservare il formarsi di un tornado in una piccola perturbazione

in mezzo al sereno (mi è capitato davvero alla ‘balata dei turchi’) non è cosa da poco.

Senza contare che anche quando il mare è assai mosso per il maestrale o lo scirocco,

a Kadir o a Sateria (probabile dimora della Calipso omerica) o

all’Ondina trovi la possibilità di immergerti nelle acque al riparo dalle onde

magari riscaldato da una sorgente tiepida che sgorga dall’acqua.

Poi se ti vuoi avventurare sull’interno, ti puoi divertire a Sibà facendo una sauna romana,

con il calore (circa 40 gradi) che esce naturale dalla grotta, come nelle favare,

da cui escono dei soffioni salutari di aria calda e talvolta anche dei piccoli geyser,

il solo raggiungerli ti fa immergere in un paesaggio unico al mondo,

tra fichi d’india e alberi che resistono bene  al vento e al sole.

Caratteristiche dell’interno anche le vigne con gli alberelli bassi al posto dei tralci,

i rovi con le more piccole ma dolcissime, i resistentissimi alberi di fico e i capperi panteschi.

Qualcuno  pianta e coltiva i meloni gialli e gli alberi di agrumi che crescono

rigogliosi perché protetti da coni di pietre laviche costruiti appositamente

e perché l’acqua quasi quasi sgorga da sola impregnando la fecondissima terra lavica.

Architettura unica

E poi l’architettura, i misteriosi sesi,  tombe di chissà quali antichi abitanti dell’isola,

e le tipiche case del posto,  i dammusi (dal latino domus?) talvolta diventati resort di lusso,

con la loro caratteristica forma a cubo sormontato da una semisfera

che in passato aveva la funzione di non sprecare nemmeno una goccia della preziosa acqua piovana.

I dammusi richiamano sia le atmosfere della città del Nord Africa che le pagine misteriose dell’Apocalisse,

la semisfera infatti è il simbolo della tavola altare e il cubo richiama fortemente le ultime pagine

dell’ultimo libro della Bibbia dove a lungo si descrive il cubo della Gerusalemme Celeste.

Con queste costruzioni l’isola, ponte ideale tra Europa e Africa

sembra essere un ponte tra terra e cielo, tra presente e futuro.

E che dire del Castello, usato in passato anche come carcere?

Oggi è sede di mostre, di conferenze, spettacoli e custodisce

soprattutto un interessante museo di archeologia.

Sopravvive circondato da case più moderne

e dalla avveniristica Chiesa Madre.

Chiese

Realizzata questa in cemento armato ha la forma anch’essa di Dammuso,

al cui cubo principale sono annessi idealmente due cubi laterali senza cupola

per formare una grande campata.

Nell’ ambone principale troneggia una grandiosa Aquila, simbolo dello Spirito Santo

mentre  l’ulivo del fonte battesimale, richiama a sua volta l’Albero della Vita di Genesi e di Apocalisse.

Pantelleria San Corrado
“Per intercessione di San Corrado Signore facci incontrare i Santi più santi che ci sono sulla Terra” Preghiera di Franca Cornado che, avendo sposato un pantesco visse molto tempo a Scauri, amando immensamente una terra dove lo Spirito si riposa tra gli uomini

Le chiese di Pantelleria sono poi un percorso tra i percorsi,

a parte quella ‘Madre’ appena descritta e quella di Scauri

dedicata a San Gaetano il santo della provvidenza (San Gateano Thiene facci le mani piene)

ci sono una decina di chiesette, sempre aperte sparse per tutte le contrade dell’isola

e in cui talvolta viene celebrata anche la Messa domenicale.

All’interno statue caratteristiche per la loro ‘sicilianità’ con statue e dipinti originali

e antichi come l’Icone della Madonna della Margana, di origine bizantina,

esposta nella omonima chiesa vicina all’aeroporto.

Chiesa che custodisce anche i resti mortali del venerato patrono San Fortunato

e di una misteriosa Santa Cristina proveniente da Roma.

Purtroppo non si può visitare se non con una visita di gruppo concordata e autorizzata dalle autorità militari

Il famoso Hangar di Nervi (quello dell’aula Paolo VI) la cui porta si intravede appena nella montagna.

Hangar per fortuna sopravvissuto alla spianata della pista

e che ha resistito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale sarebbe bellissimo se lo si offrisse

in visita ai turisti in partenza o in arrivo nell’aeroporto dell’Isola o se si organizzassero visite guidate

almeno una volta alla settimana  nella stagione estiva.

Ospitalità

Insomma a questa sintesi manca solo la descrizione dell’ospitalità e del calore della gente dell’Isola,

delle persone che incontri al bar, e che pur non avendo mai conosciuto prima, ti parlano di tutta la loro vita

spesso vissuta in continente, in pochissimi minuti.

Tra i tanti un ragazzone del posto che fa l’artista di strada, ballando su melodie orientali sul passeggio del porto

o sulla piazza dove si tiene il mercato settimanale, lui conosce tutto e tutti,

e nessuno di quelli che passano  è un estraneo per lui.

Pantelleria all’apparenza non sembra avere grandi problemi tranne uno, quello del trrraffico,

ma solo in prossimità del porto principale dove sono concentrati i principali servizi.

Altrove è solo per chi non rispetta gli stop o i limiti di velocità correndo troppo forte nelle piccole strade

dell’isola, che son fatte non solo per le auto e i bus ma anche per le biciclette e i pedoni.

Claudio Pace Terni 31 Agosto 2018

Foto

Mare Sepulcrum le ultime parole di un ignoto immigrante

Mare Sepulcrum le ultime parole di un ignoto immigrante

Mare Sepulcrum

Sto trovando la morte, nelle fredde acque del mare,

questo mare per me sarà Mare Sepulcrum.

Sono un uomo, sono maledettamente uomo e scappo.

Scappo dalla miseria, dalla guerra, dalla fame,

ma soprattutto dalla disperazione.

Speravo che al di là del mare

sarei potuto finalmente essere uomo,

avrei potuto avere di che mangiare,

ma soprattutto di potere avere di che sperare.

Nei secoli passati i miei fratelli  furono deportati nelle americhe,

strappati dai loro villaggi, dalla loro vita, e stivati in grandi navi,

dove solo i più robusti sono sopravvissuti.

Se ti ammalavi, nessuno ti curava, ti prendevano e ti buttavano in pasto ai pesci,

e quando arrivavi ti aspettava una dura vita nei campi,

ed era inutile cercare di fuggire,

per te solo lavoro, sudore, morte e speranza.

Mare Sepulcrum
Mare Sepulcrum

Read More…Read More…

Solitudine esistenziale … in quei giorni di caldo e freddo

Solitudine esistenziale … in quei giorni di caldo e freddo

Solitudine esistenzialeSolitudine esistenziale

Solitudine

in quei giorni di caldo e freddo,

di  neve e sole,

di  scirocco e di maestrale.

 

Solitudine,

come un deserto pieno di dune di sabbia,

come essere nel mezzo di un mare, lontano da costa,

con un cielo privo di stelle.

 

Solitudine,

sentirsi abbandonati da tutto e da tutti

chiedendosi perché quel Dio che ha folgorato il tuo cuore

si diverte a stare tanto lontano.

 

Solitudine,

butto sul camino dei rami di licino,

e  accendo un  fuoco

e spengo ogni luce nella stanza, aspettando.

 

Solitudine,

come il risveglio in un sogno

vorrei che fossi tu a bussare

sulla porta della taverna.

 

Solitudine ,

mi accorgo però di non essere più solo

la solitudine stessa mi fa compagnia

mi sento precipitare in un paradosso.

 

Solitudine,

come il risveglio in un sogno

vorrei che fossi tu a bussare

sulla porta della taverna.

 

Solitudine,

butto sul camino dei rami di licino,

e  accendo un  fuoco

e spengo ogni luce nella stanza e aspetto.

 

Solitudine,

sentirsi abbandonati da tutto e da tutti

chiedendosi perché quel Dio che ha folgorato il tuo cuore

si diverte a stare tanto lontano.

 

Solitudine,

in quei giorni di caldo e freddo,

di  neve e sole,

di  scirocco e di maestrale.

Solitudine esistenziale

E fu attesa di resurrezione totale

e fu vita

e fu morte e fu sonno

il respiro venne meno

e il vento cessò di soffiare.

 

E il vento cessò di soffiare,

il respiro venne meno

e fu sonno e fu morte,

e fu vita

e fu attesa di resurrezione totale.

Claudio Pace Terni 13 Gennaio 2015 su solitudine esistenziale

Solunto Reloaded Soli, per troppo poco tempo ancora insieme …

Solunto Reloaded Soli, per troppo poco tempo ancora insieme …

Solunto veduta area tratta dal sito del comune di Santa Flavia
Solunto veduta area foto linkata dal sito del comune di Santa Flavia

Solunto Reloaded

Erano gli anni 80,
era una giornata primaverile, lei e lui, di Palermo, giovani studenti, da poco si erano conosciuti ed era nata un amicizia, strana, intensa ma breve, breve come quei fiori dei prati della campagna di Solunto.

Una passeggiata in auto fuori porta, in cerca del luogo reso famoso dalla pubblicità di un noto cioccolatino, quello scoglio a mo’ di ponte dove una coppia immortalata invitava tutte le coppie del mondo a regalare cioccolatini: Quando si dice che l’amore fa ingrassare. 🙂

“ Solunto è qui vicino“, disse lei,

“Ci sei mai stata?”,

“No”,

“Nemmeno io, andiamoci ci sarà pur qualcosa da vedere”.

Lasciata l’auto, i due s’incamminarono per la strada di campagna che conduce alle rovine, e mentre camminavano ebbero la netta sensazione di fare un salto nel tempo. … (continua) …

Read More…Read More…